Anna è una donna infelice sposata ad un uomo che non ama e la sua unica gioia è rappresentata dal piccolo Serëža. Tra lei e Vronskij sembra nascere un interesse, ma una relazione tra i due metterebbe in serio pericolo gli equilibri familiari.
Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo. Il celebre l'incipit racchiude l'atmosfera di inquietudine che si respira tra le pagine.
Perno del romanzo è il matrimonio, contestualizzato e sezionato in tutte le sue parti. La virtù della fedeltà, il tarlo della gelosia, il tradimento socialmente accettato, la vergogna del divorzio.
Tolstoj ci regala un ritratto fedele dell'aristocrazia russa di fine Ottocento, la dorata classe sociale che vive nell'ipocrisia e teme più di tutto la verità. I personaggi sono molto ben caratterizzati, lo scrittore ne descrive abitudini, stati d'animo, dubbi e tormenti. Non ispirano grande simpatia, le donne sono capricciose e viziate, gli uomini deboli e immaturi. Il personaggio che ho preferito è stato Levin, umile, timido, con una grande forza d'animo e sempre pronto a mettersi in discussione.
Il romanzo non è affatto scorrevole, la narrazione è molto lenta e pregna di digressioni filosofiche sulla società e il progresso. Tolstoj affronta anche il contrasto tra la vita urbana e quella agraria, dilungandosi in digressioni sulla vita di campagna, le tecniche agricole russe e la caccia.
Se non avesse un piglio realista potrebbe trattarsi della prima soap opera della storia.
Ben scritto ma non mi ha preso il cuore.
★★★☆☆
Russia, amore e ipocrisiaBur, € 10.90, 1210 p.
Prima edizione originale: 1877
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